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Aula Pensa piena ieri pomeriggio alla Comunità Montana, per un incontro molto partecipato organizzato dalla Regione Lombardia per incontrare agricoltori, allevatori, operatori del settore agro-alimentare, che hanno risposto in gran numero all’appello.

Erano presenti tra i relatori l’assessore all’Agricoltura Alessandro Beduschi, il consigliere regionale lecchese Giacomo Zamperini (Presidente della Commissione Montagna) il Presidente del CFPA di Casargo Francesco De Silverij , il vicepresidente della nostra Comunità Montana Michael Bonazzola.

Tra il pubblico di Presidente della ATS Brianza e molti Sindaci e amministratori valsassinesi.

L’Assessore Beduschi, impegnato in un tour di vari incontri nel Lecchese, ha ricordato il ruolo dell'”agricoltura eroica di montagna“, la necessità di dare ad essa maggiori infrastrutture e maggiore attenzione, la difficoltà per le piccole aziende , come quelle valsassinesi, a partecipare ai bandi spesso pensati per realtà più grandi e in ultimo il problema della fauna selvatica (cinghiali e cervi) che sta proliferando creando alcuni problemi soprattutto nell’altro “ramo del Lago di Como”.
Come detto il Presidente CFPA Silverij ha presentato il nuovo corso caseario dell’Istituto professionale di Casargo: “Quest’anno siamo riusciti a formare la Prima, speriamo anche nei prossimi anni di poter andare avanti con nuove classi” . Un corso sicuramente utile e strategico.

L’Ingegnere responsabile dell’area tecnica della Comunità Montana Davide Maroni ha ricordato i problemi che incontrano gli operatori, soprattutto nell’approcciarsi ai bandi. Troppa burocrazia, troppi procedimenti, bandi troppo complicati e che lasciano troppi dubbi : “Sembrano quasi fatti per evitare di spendere soldi. Ma gli investimenti sono necessari, soprattutto per le aziende più piccole”.

Ma è quando è stato aperto il dibattito con gli allevatori che sono arrivati gli interventi più interessanti.
“Sono ormai 40 anni che faccio questo lavoro – ha detto un piccolo allevatore di Vendrogno – lavoro da solo e non ho dipendenti. Negli ultimi 15 anni ha cessato l’attività più di metà delle aziende agricole presenti in Italia, di cui tre quarti nei territori montani”.
” Questi territori si stanno spopolando: i giovani non sono attratti da un lavoro faticoso e poco redditizio, preferiscono andare in città a lavorare per uno stipendio sicuro”.

L’allevatore si è lamentato poi delle frequenti ispezioni sanitarie: “i controlli sono giusti, ma a volte un po’ troppo pignoli, e noi lavoriamo seriamente”.

Interessante poi il riferimento alle nuove tecnologie :” Noi lasciamo liberi nel bosco i nostri animali, le nostre caprette, perché ognuna di esse ha un rilevatore GPS. Sappiamo sempre perfettamente dove si trovano. Ciononostante questo sistema non è ammesso dalla legge, che richiede una recinzione fisica e una delimitazione degli animali, con tanto di multa annessa. Questo non è giusto !”

Infine, “dulcis in fundo”: “dopo 40 anni di lavoro finalmente vado in pensione, ma mi danno una cifra “sociale” che è meno di 400 euro al mese: una vergogna !”.

La situazione quindi presenta parecchi problemi concreti, soprattutto se non si vuole che i giovani abbandonino i lavori dei loro padri per rivolgersi altrove, lasciando foreste e prati senza l’opera di pulizia e monitoraggio proveniente dal lavoro umano.

Vedremo se le osservazioni dei lavoratori del settore (nel pubblico c’era anche qualche rappresentante della Coldiretti) saranno tenute in considerazione.

Enrico Baroncelli

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