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Bakhita la Suora Moréta e la giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta delle persone

La Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta delle persone è celebrata l’8 febbraio di ogni anno dal 2015 in memoria di Santa Giuseppina Bakhita.
“La tratta di esseri umani è un crimine contro l’umanità” Papa Francesco.

Il crimine implica il reclutamento, il trasporto, il trasferimento in un territorio di persone con l’uso della violenza, minaccia, coercizione, inganno, abuso di potere. Le vittime, in condizioni di estrema difficoltà e povertà, sono sfruttate nel lavoro forzato, il traffico di organi, l’accattonaggio, la prostituzione, l’arruolamento in conflitti armati, o considerate manovalanza della criminalità organizzata, in pratica rese schiave, private della loro storia.

Bakhita sapeva esprimersi solo in dialetto veneto, parlava di Dio come el Paron: “Poareta mi? Mi no son poareta perché son del Paron e nela so casa: quei che non xè del Paron i xè poareti…”.
Papa Giovanni Paolo II ha beatificato Bakhita il 17 maggio 1992 e l’ha canonizzata il 1° ottobre 2000.
“Mediante la conoscenza della speranza lei era ‘redenta’ non si sentiva più schiava, ma libera figlia di Dio” Papa Benedetto XVI, lettera enciclica Spe salvi.

Nemmeno Bakhita sapeva con esattezza quando fosse nata, si presume attorno al 1869 in un piccolo villaggio del Sudan, nel sultanato del Darfur, chiamato Olgossa. Aveva solo 7 anni quando i mercanti di schiavi la rapirono, sfregiando il suo corpo di bimba e la sua anima innocente, e la vendettero sui mercati di El Obeid e Khartum. Il dolore mentale e fisico fu così atroce che la piccola perse la memoria, non ricordava più chi fosse e come si chiamasse…i suoi rapitori la chiamarono Bakhita, che in arabo vuol dire fortunata…

Subì la lesione cruenta di un tatuaggio ad opera di un generale turco e le furono incisi con un rasoio 100 segni sul petto, sul ventre e sulle braccia…e nelle ferite fu inserito del sale…
Fu comperata dal console italiano Callisto Legnani con lo scopo di restituirla alla sua famiglia, ma Bakhita aveva svuotato la sua memoria e ciò non fu possibile, così rimase a casa del console per 2 anni fino al 1884 quando scoppio la guerra Mahdista. Un amico del console Augusto Michieli con la moglie presero con loro Bakhita in qualità di bambinaia per la loro figlioletta e la portarono a Zianigo in Veneto. Ma dopo 3 anni i Michieli ritornarono in Africa lasciando Bakhita presso l’Istituto dei Catecumeni in Venezia gestito dalle Suore Canossiane figlie della carità.

Il 9 gennaio 1890 Bakhita venne battezzata con i nomi: Giuseppina Margherita Fortunata e l’8 dicembre 1896 pronunciò i voti religiosi. Nel 1902 venne trasferita a Schio e, salvo qualche breve periodo, vi rimase per tutta la vita. Era capace di parlare solo il dialetto veneto e i veneti impararono ad amare questa suora gentile e sorridente venuta da lontano che offriva loro preghiera, semplicità, e buoni sentimenti.

Umile, timida e paziente, non pretendeva mai nulla, voleva solo pregare per tutti, sempre. Bakhita venne chiamata dagli abitanti di Schio la “Madre Moréta”. La sua biografia venne scritta da numerose persone. Forse la più conosciuta è quella di Ida Zanolini che nel 1931 pubblicò il libro “Storia Meravigliosa” dedicato a Bakhita, l’edizione venne ristampata 4 volte.
L’11 dicembre 1936, in vista della partenza di un gruppo di missionari per Addis Abeba col beneplacito di Mussolini, Bakhita venne portata al cospetto del duce in Roma a palazzo Venezia. Nei successivi 2 anni la Madre Moréta visse a Vimercate nel noviziato missionario come portinaia, poi si ammalò gravemente e nel 1939 tornò a Schio dove morì l’8 febbraio 1947.
“Quelo che vole el Paron, quanto bon che xé el Paron, come se fa a no volerghe ben al Paron”…il suo testamento.
Nelle foto: la tomba di Santa Bakhita a Schio e la lapide che la ricorda sul muro della Chiesa

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