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Con l’istituzione della legge n. 92 del 30 marzo 2004, il 10 febbraio di ogni anno dal 2015 si celebra la Giornata del Ricordo per non dimenticare le vittime delle foibe e gli oltre 350mila profughi italiani costretti ad andarsene dalla loro terra natìa, la Venezia Giulia, il Quarnaro e la Dalmazia per effetto di un’emigrazione forzata dovuta all’oppressione esercitata dal regime comunista.

I massacri si sono verificati subito dopo la seconda guerra mondiale da parte dei partigiani jugoslavi e dell’OZNA nei confronti di militari e civili italiani collegati in diverso modo al fascismo, in pratica una vendetta di sangue ripugnante e tremenda per eliminare soggetti e strutture ricollegabili al fascismo, al nazismo e al collaborazionismo. Un’epurazione di oppositori italiani reali, potenziali o presunti, da parte del totalitarismo di Tito.

Le foibe sono caverne verticali, pozzi carsici tipici dell’Istria con imbocchi strapiombanti chiamati inghiottitoi. Si contano più di 5000 morti ritrovati in queste mostruose cavità, alcuni dati ne indicano 11mila.
Ciò che è successo probabilmente fu un fenomeno legato all’affermarsi degli stati nazionali, in un clima di grande confusione, violenza, arbitrio, e prevaricazione, in territori abitati da persone di etnie miste, provenienti da culture e storie diverse, un po’ quello che sta succedendo oggi in alcune parti del mondo…dove si aggiungono le vendette: la vendetta su vendetta porta solo alla distruzione, disperazione e morte. E’ il caso delle scritte d’odio a Basovizza di oggi.

“La pagherete…avrete ritorsioni…andatevene…non è la vostra terra…uniamoci con la forza contro chi non è religioso come noi e non si riconosce…loro sono i cattivi noi i buoni…loro sono i ladri, noi le guardie…e così via…” Chiunque abbia letto un pochetto di storia potrà constatare come non mai, nel corso della storia dell’uomo, in questo periodo siano così numerosi i leader che parlano contro i propri simili con disprezzo.
Quindi cosa rimane alla gente? Forse pensare.

MARIA FRANCESCA MAGNI

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